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The dirt - Motley Crue

The Dirt: Mötley Crüe: la recensione del film Netflix sulla rock-band americana

The dirt: Mötley Crüe è il titolo del film diretto da Jeff Tremaine: disponibile sulla piattaforma Netflix dal 22 marzo, narra la storia della storica rock-band statunitense.

The Dirt: Mötley Crüe: la sinossi

The dirt: Mötley Crüe

Nel 1973 Frank Carlton Feranna Jr. (Douglas Booth) si allontana dalla madre ubriaca. Arriva a Los Angeles nel 1978, e dopo un fallito tentativo di connettersi con il padre biologico, cambia il suo nome in Nikki Sixx nel 1980. L’incontro con il batterista Tommy Lee (Richard Colson Baker), il chitarrista Mick Mars (Iwan Rheon) – che soffre di spondilite anchilosante – e Vince Neil (Daniel Webber) dà definitivamente avvio ai Mötley Crüe. Dopo essersi esibiti in tutti i night club di Los Angeles, il produttore Tom Zutaut della Elektra Records gli offre un contratto con Doc McGhee come manager. La band raggiunge l’album di platino in breve tempo, dando libero sfogo a qualsiasi accesso, dal consumo di alcool fino a quello di droga. A seguito anche della morte di una delle persone vicine alla band, i Mötley Crüe arrivano ad un passo dalla fine della loro carriera. Una fine che però non arriverà, se non nel 2015.

The Dirt: Mötley Crüe: le nostre impressioni

Le grandi potenzialità di The dirt: Mötley Crüe e dei suoi interpreti vengono ridimensionate da una stesura cinematografica che non ne evidenzia le potenzialità. Le storie si Nikki Sixx (Booth), Mix Mars (Rheon, famoso per aver interpretato Ramsay Bolton in Game of Thrones), Tommy Lee (Colson Baker) e Vince Neil (Webber) sarebbero state degne di ben altra complessità. In particolare, con le vicende di Vince Neil e Nikki Sixx la sensazione è di aver perso una grande opportunità, viste le difficoltà che hanno caratterizzato le esistenze di entrambi.

The dirt: Mötley Crüe

L’apparizione di Ozzy Osbourne sembra quasi casuale e – per quanto la scena nello specifico mostri una vena di sana follia – racconta poco dell’influenza che Ozzy ha avuto nei confronti della band di Los Angeles. Gli estremismi e gli eccessi di vario tipo rendono, nella sua essenza, bene l’idea autodistruttiva che ha caratterizzato i Mötley Crüe nella loro prima fase artistica degli anni ’80.

Manca invece completamente il racconto della Los Angeles degli anni ’80, lì dove nacquero l’hair metal e il cock rock. Manca sopratutto la complessità della droga e del percorso riabilitativo. La droga, infatti, sembra quasi un gioco innocuo: la disintossicazione avviene come per magia.

Buone le reinterpretazioni delle canzoni, così come – soprattutto nella prima parte – la regia affidata a Jeff Tremaine. Rapido e senza sosta, il regista ci immette all’interno del mondo sfrenato e senza controllo della band. Peccato solo che questo mondo appaia molto distante dalla nuda e cruda realtà, per sembrare quasi parodistico e senza complessità.

The Dirt: Mötley Crüe

Valutazione globale - 5.5

5.5

L'estremismo arriva. Meno il lato umano e artistico delle storie

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The Dirt: Mötley Crüe: giudizio in sintesi

The dirt: Mötley Crüe

The dirt: Mötley Crüe è un film girato al quaranta per cento (forse) rispetto alle potenzialità che la storia racchiuderebbe. Un buon film per chi è completamente estraneo alla storia della band, e tendente talvolta alla superficialità artistica. Per chi i Mötley Crüe li ha amati – o peggio, per chi ci è cresciuto – la pellicola potrebbe risultare fastidiosa, o al più una gigantesca occasione persa per fare un prodotto complesso, complicato e di alto livello.

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