Home / Recensioni / The Birth of a Nation: Recensione del film di Nate Parker
the birth of a nation

The Birth of a Nation: Recensione del film di Nate Parker

birthofanation-intl-1-sht-camp_aThe Birth of a Nation, scritto diretto e interpretato da Nate Parker, nel cast anche Armie Hammer, Aja Naomi King, Jackie Earle Haley, Penelope Ann Miller, Gabrielle Union e Aunjanue Ellis.

Produttore: Nate Parker, Kevin Turen, Jason Michael Berman, Aaron L. Gilbert, Preston L. Holmes

Casa di produzione: Bron Studios, Mandalay Pictures, Phantom Four, Tiny Giant Productions

Distribuzione: (in Italia) 20th Century Fox

Durata: 119′


The Birth of a Nation, arbitrariamente tradotto nei titoli di coda della XI edizione della Festa del Cinema di Roma in Il Risveglio di un Popolo, è un film ben confezionato, bella regia e fotografia, molto curate le inquadrature e la scelta delle luci, bravi gli attori e il protagonista-regista-scrittore Nate Parker. Parker riutilizza il titolo del celebre film muto di D. W. Griffith che nel 1915 inneggiava al Ku Klux Klan “per – dichiara il regista – riparare a un’ingiustizia, trasformando il titolo in un’opera d’arte che può incoraggiare e indirizzare tutti noi verso la riconciliazione e la positività”.

The Birth of a Nation, Trama

the birth of a nationDramma storico che racconta la vicenda realmente avvenuta di una repentina ma feroce rivolta di schiavi che si è verificata nel 1831 in Virginia, guidata da un predicatore nero di nome Nathaniel Turner (Nate Parker). Turner, bambino designato dalla nascita a liberare il suo popolo, erudito in casa dei padroni benevoli, impara a leggere l’unico libro permesso di toccare ai neri: La Bibbia. Diventa così un pastore nella comunità di schiavi della sua piantagione.

Il potere delle Sacre Scritture a calmierare gli schiavi osservanti convincono il pastore locale a ingaggiare lo schiavo Nat per visitare un certo numero di piantagioni locali, offrendo prediche agli altri schiavi per esortarli a rifuggere la violenza e ogni pensiero di ribellione. Il suo padrone (Armie Hammer) un tempo amico fraterno di Nat, finirà per approfittarsene a fini economici. Nat, inorridito e disgustato dagli orrori che vede durante i suoi viaggi e dai soprusi che egli stesso subisce, finisce per utilizzare il suo “potere” di predicatore per combattere contro i mali della schiavitù. Il profeta Nat darà vita a una breve ma cruenta ribellione della durata di appena 48 ore che sarà una delle scintille che faranno scaturire le successive guerre di secessione e la liberazione degli schiavi negli stati del Sud.

Nell’escalation delle tensioni razziali in America in questi ultimi mesi, l’ennesimo film sui temi dello schiavismo e delle insurrezioni degli afro-americani, su una delle più sanguinose rivolte di schiavi nella storia americana – e in scia all’hashtag #OscarsSoWhite, lanciato durante gli Oscar 2016, questo film riceve alle soglie delle elezioni e nell’acceso dibattito tra Repubblicani e Democratici, pareri controversi.

The Birth of a Nation, Opinione 

the birth of a nationLa parabola del candore fanciullesco, delle origini lontane di un popolo un tempo fiero, la speranza del padrone-bianco benevolo e i carezzevoli batuffoli di cotone poi insanguinati durante il picco di violenza in cui precipita il film nella seconda parte, sono tutte scene già viste. Già viste in molti dei film che Hollywood ciclicamente ripropone sul tema dello schiavismo in America, da Amistad, Amazing Grace, Django Unchained, Lincoln al recente 12 Anni Schiavo.

Sebbene la schiavitù sia sparita nell’America moderna, così come si sono evoluti gli afro-americani statunitensi, Hollywood continua a sfornare film sui neri durante lo schiavismo e, anziché sollevarli ed emanciparli, continua a gettarli indietro in una condizione di sudditanza-culturale. Anziché aprire il fuoco sulla polizia, come è successo a Dallas lo scorso Luglio per vendicare la morte di cittadini di colore inermi, gli afro-americani farebbero meglio a prendersela con le Majors di Hollywood che speculano sui conflitti irrisolti di questo paese multirazziale e il voyeurismo che questi suscitano. Fox Searchlight, divisione della 20th Century Fox, ha infatti acquisito i diritti per la distribuzione del film di Nate Parker per la cifra record di 17,5 milioni di dollari! Senza entrare nei dettagli delle politiche dei Producers americani, questo film che scimmiotta le eroiche imprese di rivolta alla Braveheart e mattanze alla Django Unchained, non mi ha convinto.

“Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black bodies swingin’ in the Southern breeze
Strange fruit hangin’ from the poplar trees…”

recita la canzone “Strange Fruit” utilizzata dal regista per il finale del film; è una delle più inquietanti canzoni della storia americana. Registrata nel 1939 da Billie Holiday, è stato scritta dal  poeta-attivista Abel Meeropol a New York dopo aver visto le fotografie di un linciaggio nel 1930. Come la canzone, così anche termina il film.

Per ogni notizia e aggiornamento sul mondo dello spettacolo, cinema, tv e libri, vi consigliamo di seguire la nostra pagina Facebook

About Francesca Braghetta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *