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The Affair: la recensione della terza stagione

Cos’è successo a The Affair? La serie vincitrice di premi prestigiosi come un Golden Globe e un Emmy, giunta alla conclusione della terza stagione sembra essersi completamente smarrita in un vortice confusionario. Quello che era il punto di forza della prima eccellente e innovativa stagione (i diversi punti di vista dello stesso accadimento) è diventato il punto di debolezza del terzo ciclo di episodi. Le prime avvisaglie si erano avuto già nel corso della passata stagione, la seconda, che era comunque riuscita a tenere alta l’attenzione complice il protrarsi della trama mistery legata all’omicidio di Scott Lochart.

Non solo punti di vista diversi

The AffairI differenti punti di vista dello stesso fatto si alternano qui ad una narrazione che procede su binari separati e molteplici. La storia prende il via qualche anno dopo il finale della seconda stagione. Noah, uscito di prigione, cerca di ricostruirsi una vita professionale come professore e tenta di ricucire un rapporto compresso con i figli; Helen, presa dai sensi di colpa per l’omicidio commesso di cui sta pagando il conto l’ex marito, cerca di redimersi aiutando Noah e riabilitandolo il più possibile agli occhi dei figli; Alison e Cole si trovano a dover fare i conti con l’affidamento della piccola Joanie tra una litigata, una riappacificazione e un improbabile ritorno di fiamma tra i due.

Il problema di fondo, come già sottolineato, è che pochissime volte queste trame si intersecano tra di loro come successo in passato. Quando questo accade appare del tutto forzato, poco spontaneo e non naturale. Non c’è più una coesione tra i personaggi e le trame come accadeva in passato.

Troppa carne a fuoco

In questa stagione di The Affair si è voluto mettere troppa carne a fuoco (molta della quale poco interessante) senza sapere dover voler andare a parare. Ne è un esempio l’introduzione del personaggio della professoressa Juliette Le Gall, collega di Noah. Appare del tutto inutile il suo punto di vista (il quinto) dal momento che gli spazi riservati a lei sono pochissimi. Ciò non spiega la scelta da parte degli autori di dedicarle mezzora del finale. Un po’ tardino occuparsi alla fine della sfera privata della Le Gall, a meno che non si siano poste le basi per una sua maggior presenza il prossimo anno.

Trama mistery deludente

Le scelte scellerate di questa stagione non finiscono qui. Anzi, trovano il suo culmine nella pessima gestione della trama mistery che vede Noah, al termine della première, venire accoltellato al collo da un misterioso aggressore fino a ridurlo quasi in fin di vita. Il “mistero” viene portato avanti in maniera ridondante fino al penultimo episodio quando si scopre la verità quanto mai telefonata. I flashback dei giorni passati in carcere da Noah con la presenza ingombrante e violenta del secondi Gunther hanno il chiaro e fin troppo evidente scopo di distrarci dalla realtà.

Helen e un futuro incerto per The Affair

The AffairIn tutta questa mediocrità a cui è andata incontro la terza stagione di The Affair spicca come sempre Helen (una sempre maestosa Maura Tierney), l’unico personaggio in grado di dire ancora la sua divisa com’è tra sensi di colpa, una famiglia da portare avanti da sola, la soffocante presenza dei genitori riunitisi in coppia (a proposito: sono ancora rinchiusi nella panic room?) e la difficile relazione con Vic. Lunga vita al personaggio di Helen.

Alla luce di tutto questo ecco allora che l’ultima frase pronunciata da un tassista a Noah (“Dove andiamo, amico?“) diventa una vera e propria metafora per il futuro di The Affair che tornerà per una quarta conclusiva (?) stagione. Sarah Treem e Hagai Levi hanno tutto il tempo necessario per riannodare le fila della storia e dare una degna conclusione ad una serie che merita un finale all’altezza delle aspettative e di quanto buono è stato fatto nelle prime due stagioni.

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Valutazione globale

The Affair - Terza Stagione

Deludente

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About Daniele Marseglia

Ricordo come se fosse oggi la prima volta che misi piede in una sala cinematografica. Era il 1993, film: Jurrasic Park. Da quel momento non ne sono più uscito. Il cinema è la mia droga.

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