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Marco Polo: Recensione della seconda stagione

Marco Polo è tornato sugli schermi di Netflix e lo ha fatto con una seconda stagione che è stata un flusso quasi costante di adrenalina. Una stagione densa di avvenimenti che, rispetto alla prima, si era già tolta il dovere di introdurre questo complesso mondo, ed è potuta correre diretta attraverso questi 10 episodi assolutamente intensi.

La seconda stagione di Marco Polo, mi auguro, vuole essere un ponte ideale tra una prima stagione introduttiva ed una terza che tiri le fila e chiuda il discorso. Ad oggi non ci sono assolutamente notizie a riguardo, né di un rinnovo, né di un arco narrativo che arrivi a conclusione, però, se il rinnovo è una speranza, tenendo conto della storia della stessa Cina nell’epoca della fine della dinastia Song e dell’affermarsi di quella Yuan, non credo ci siano spazi per andare avanti molto oltre, senza cadere nella soap opera.

Molto fumo e molto arrosto.

La costruzione di questa seconda stagione, quindi, mette molta carne al fuoco e prova a gestire diverse tematiche ma, a mio parere, riesce nel suo intento, perché dosa in modo equilibrato lo screentime tra tutte le varie storyline e riesce a tirare le somme nella manciata di episodi finali che ricostruiscono il quadro completo e, pur con qualche piccola incongruenza, ci lasciano con un risultato soddisfacente e un cliffhanger che chiede ad alta voce una veloce terza stagione.

Marco PoloLe storie sono molte ed anche i villain della stagione che ruotano intorno a Marco Polo e a Kublai Khan. A dire il vero Kublai, non lo metterei mai tanto volentieri tra i buoni, resta un villain sui generis, perché fondamentalmente è l’uomo che può tutto, capace di bene e di amicizia, ma anche spietato e senza scrupoli. Molto bella per descriverne il parallelismo con Gengis Khan anche la doppia scena, saggiamente separata da diversi episodi, della strategia degli uccelli e di quella dei cavalli. Parallelismi che ne detonato la crudezza, anche se mostrano un’anima che sembra più sofferente di quella del tanto evocato Gengis.

La bellezza della famiglia imperiale.

I dubbi e le debolezze di Kublai, la sua generosità e la sua cattiveria, la sua dignità e il suo essere senza scrupoli, secondo me sono una delle cose più interessanti di questa serie. Kublai è molto più interessante di Marco Polo. Marco PoloProbabilmente dipende dalle maggiori sfaccettature che vengono date al suo personaggio e, chiaramente, dal fatto che se Marco è un narratore partecipe, Kublai è la Storia.

Scene esaltanti come il suo trionfo al Kuriltali e scene difficili come quella con l’imperatore bambino. Arroganza e lecrime. Trionfo e commiserazione. Affetti che vanno e vengono come onde del mare.

Ma la storia la fanno anche altri personaggi che lo circondano e su tutti non può mancare l’imperatrice Chabi. In questo caso, oltre alla bellezza del personaggio, che rispecchia molto del marito Kublai, troviamo anche la bravura incredibile di Joan Chen. In parte, intensa, capace di variazioni di registro grazie a singoli dettagli recitativi, così bloccata dai bellissimi costumi che indossa.

I villain veri.

Anche qui si va in sovrabbondanza. Se nella prima stagione era il cancelliere il grande villain, con un ruolo da “piccolo villain” a Yusuf (sulla cui trama però nutro parecchie perplessità), qui si esagera, mettendo villain ad ogni angolo. Il cancelliere era stato uno splendido nemico, ben tratteggiato, portatore di tutta la storia Song e del disprezzo verso i barbari, quanto capace di amare il bello e la filosofia. Marco Polo 5Tanto amante del sapere e tanto avverso al genere umano. Di Yusuf invece posso solo dire che il suo ruolo mi era sembrata una scelta tanto posticcia nella scorsa stagione tale da venire, in questa seconda, sconfessata ma senza una spiegazione plausibile. Questo l’ho trovato il maggior buco narrativo.

In questa stagione, dunque, dicevamo della ridondanza dei nemici. Ahmad, Kaidu, sua madre, i Crociati, Niccolò Polo, i ribelli orfani della dinastia Song. Tutto, tanto, ma ben dosato, e con ogni cattivo che, come dicevamo, si ritrova a pagare il suo dazio nelle ultime due ore di intensa  trama. La soluzione del penultimo episodio nel quale la lunghissima battaglia va a prendersi tutto il cold open, di solito limitato a pochi minuti, per poi venir “chiusa” dalla sigla iniziale dona un effetto straniante e di confine netto attraversato dalla Storia durante quella battaglia. Scelta epica, che dona originalità ad una battaglia dipinta coi colori del fuoco e della notte ed una rinascita successiva dipinta con la cenere che si deposita sulla terra.

Il miglior villain in questa stagione, risulta essere Ahmad, con i suoi giochi di potere, le sue macchinazioni, ma nessuno sfonda veramente lo schermo come faceva il Cancelliere, tanto che forse la scelta di metterne molti serve ad equilibrare le forze in campo. Kaidu è forse troppo debole come cattivo, eternamente indeciso, mentre la madre è fin troppo caricaturale.

Note di merito e di demerito.

Marco Polo 4Una nota a margine la merita, come sempre, Hundred Eyes, perché è il personaggio più “cool” di tutti, tanto che si è meritato tra prima e seconda stagione uno special tutto suo. Sempre bello vederlo in azione, sia che faccia elegante sarcasmo, sia che uccida nemici senza nemmeno sudare, sia che interpreti l’intensità totale nelle due bellissime scene con Lotus, specialmente in quella piena di poesia nel palazzo imperiale.

E quindi ci si saluta, con la dipartita un po’ tirata per i capelli di Kokachin, con Ahmad che penzola e un bel po’ di altra gente morta, tra cui Kaidu e il grande cliffhanger di cosa sia successo con l’arrivo di questa fantomatica orda cristiana, a cui si era accennato nel breve incontro tra il Papa, Polo e Nayan. Cosa sarà successo?

Stagione promossa, anche se con qualche punto debole, come la storia, vista prima di Yusuf, o il ruolo abbastanza improvvisato del padre di Marco Polo o forse anche, seppur gestita bene, l’eccessiva frammentazione. Ma ben più che la sufficienza piena la porta a casa. In attesa del rinnovo.

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About Andrea Sartor

Cresciuto a pane (ok, anche qualche merendina tipo girella o tegolino... you know what I mean... ) e telefilm stupidi degli anni 80 e 90, il mondo gli cambia con Milch, Weiner, Gilligan, Moffat, Sorkin, Simon e Winter. Ha pianto davanti agli uffici dell'HBO. Sogno nel cassetto: pilotare un Viper biposto con Kara Starbuck Thrace e uscire con Number Six (una a caso, naturalmente). Nutre un profondo rispetto per i ragazzi e le ragazze che lavorano duramente per preparare gli impagabili sottotitoli. Grazie ragazzi, siete splendidi

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