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L’estate addosso: Recensione del film di Gabriele Muccino

L’estate è nell’immaginario collettivo la stagione in cui tutto può accadere, spesso fatta di viaggi, vacanze, emozioni, amicizie, amori e molto altro. E talvolta capita che lo sia davvero. L’estate addosso è invece il titolo del film in cui il regista Gabriele Muccino (qui anche cosceneggiatore insieme a Dale Nall) tenta di raccontare a suo modo proprio tutto questo, con la delicatezza e l’intensità che da sempre contraddistinguono i suoi lavori.

L’estate addosso: la trama

estate addossoPrendendo spunto dal suo viaggio post maturità negli Stati Uniti, il regista cerca di far rivivere quelle emozioni tramite il protagonista Marco (Brando Pacitto) che, grazie ad un assegno assicurativo post incidente in scooter, decide di andare a trovare l’amico “Vulcano” che studia in California. Si troverà però, a sua insaputa e suo malgrado, a dover non solo affrontare il viaggio con la compagna di classe Maria (Matilda Lutz), bigotta cattolica un po’ confusa, ma anche a condividerne la sistemazione che “Vulcano” ha trovato ad entrambi in casa di una coppia di amici gay di San Francisco, Matt (Taylor Frey) e Paul (Joseph Haro). Risolte le perplessità iniziali legate ai pregiudizi e alle incomprensioni reciproche, i quattro ragazzi vivranno la loro personalissima estate addosso.

La leggerezza e la libretà dell’estate addosso

Ispirato dall’omonima canzone di Jovanotti, che ne ha curato l’intera colonna sonora, Muccino sembra volerne coglierne addirittura l’essenza, mutando le parole in sequenze. E se “respira questa libertà” è una delle frasi più ricorrenti nel testo, è al tempo stesso esattamente la sensazione più forte che il film riesce a trasmettere.

estate addosso

Tutto è mosso da quattro attori bravissimi, freschi come la brezza di una serata estiva e pieni di vita come una passeggiata a San Francisco, che regalano naturalezza e spontaneità, aiutando sia il film a scorrere leggero senza mai essere particolarmente banale (anche se qualche cliché di troppo poteva essere gestito meglio) che la sceneggiatura a rimanere abbastanza fluida, pur con alcuni momenti di stallo narrativo piuttosto evidente.

Proprio per sfruttare al meglio le potenzialità degli attori, i personaggi avrebbero meritato forse un po’ di originalità in più, in modo da spazzar via con decisione ogni sensazione vagamente da “soap opera”, ma i limiti del film si esauriscono qui e si lasciano passare senza particolare fastidi perché L’estate addosso resta sempre vivo, fatto più di sensazioni che di contenuto, più di pancia che di testa insomma, e nel quale il regista ha il grande merito di stabilire con lo spettatore una fortissima empatia , pur senza mai apparire ruffiano o scontato.

Muccino e la sua evoluzione

Muccino, dopo aver provato con alterni successi i limiti creativi delle ricche produzioni hollywoodiane , ritorna al “low budget” (circa 5 milioni di dollari) per ripartire da una libertà di regia simile a quella dei suoi primi lavori, creando una sorta di “Come te nessuno mai” più maturo e professionale. Adesso non corre più, sceglie uno stile meno “isterico” e lascia che lo spettatore venga più avvolto dal film che tirato dentro con forza.

estate addossoL’estate addosso è un film apparentemente semplice, senza particolari trame sottotraccia o sviluppi creativi innovativi , di quelli che sbadatamente e ad una superficiale occhiata al trailer potrebbe essere scambiato per una produzione un po’ da teenager, di vaga impronta “mocciana” per intenderci.

Ma non è affatto così. E’ invece un difficile e complicatissimo tentativo di raccontare degli stati d’animo attraverso immagini, dialoghi, musiche, ambientazioni ed inquadrature, che per una volta perdono il loro ruolo centrale per diventare gregari, lasciando che le emozioni, nelle forme più variegate, siano le vere protagoniste. Recupera in sostanza quello che, personalmente, dovrebbe essere il vero compito di ogni film: emozionare! E Muccino ci riesce in pieno. Come una volta. Di nuovo.

Quasi impossibile infatti non sentirsi in qualche modo chiamati in causa e vicini ai personaggi del film, perchè ciò che si trovano a vivere è esattamente quello che ognuno di noi ha provato o, quantomeno, vorrebbe provare. In fin dei conti come dice Marco nel film:

“…ognuno ha la sua estate. Quella era la nostra”.

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