Il regista David Fincher (The Social Network, Fight Club) è pronto a tornare in scena, questa volta sul piccolo schermo, con la serie tv Mindhunter. La storia segue le vicende di una coppia di agenti dell’FBI (impersonati da Jonathan Groff e Holt McCallany) dediti ad intervistare i serial killer condannati in via definitiva per apprendere in che modo agiscono i criminali e applicare il tutto alle loro indagini.
La serie crime debutterà sul catalogo di Netflix a partire da venerdì 13 ottobre e per l’occasione David Fincher, qui nelle vesti di produttore esecutivo, ha rilasciato delle anticipazioni su Mindhunter nel corso di un’intervista. Per il regista è un ritorno al tema delle indagini sui serial killer che aveva già affrontato nel 2007 in Zodiac.
Mindhunter vs mitizzazione dei serial killer
Per David Fincher, Mindhunter è un’opportunità per cancellare il mito che si crea intorno a serial killer come Hannibal Lecter o il John Doe creato dallo stesso Fincher nel suo Seven, personaggi da lui descritti come dei “Wile E.Coyote superintelligenti”. Invece Fincher vuole tornare all’idea che i serial killer sono persone molto cattive e malvagie:
“I serial killer sono per lo più persone tristi cresciute in circostanze orrende. Qui non c’entra l’empatia che alcuni possono provare per loro, ma è un dato di fatto. Leggendo molta letteratura a riguardo ho scoperto che c’è una linea molto sottile che separa i cacciatori dalle prede. Ho pensato che fosse il caso di raccontare questa cosa.”
Fincher ha anche parlato di quanto ha imparato sulle dinamiche dei serial killer tramite Zodiac e perché la serie tv è un formato perfetto per una narrazione come quella che ha Mindhunter:
“Ho imparato la mia lezione con Zodiac…Puoi chiedere molta attenzione al pubblico, ma 2 ore e 45 minuti (la durata di Zodiac, ndr) richiede uno sforzo ancora maggiore.”
La difficoltà di trovare registi per Mindhunter
Il regista di Fight Club ha inoltre discusso di quanto sia stato difficile trovare un regista adatto ad un formato che si basa principalmente su delle conversazioni invece delle classiche scene d’azione, spiegando come sia arrivato a scegliere dei documentaristi e gli autori di uno show danese intitolato Borge:
“Mindhunter è una conversazione. E’ molto difficile quando sei un produttore esecutivo e devi trovare altri registi perché non puoi girare direttamente tu l’intera serie. 10 ore, sono troppe. Così durante la ricerca è capitato di trovare dei registi che quando gli abbiamo dato le prime 11 pagine della sceneggiatura e hanno visto che le scene si svolgevano tutte intorno ad un tavolo hanno cominciato a dire “Non si può rompere qualcosa ad un certo punto?” oppure “Qualcuno non può saltare dalla finestra?”
Fincher, infine, ha anche spiegato perché pensa che l’atto di conversazione possa essere altrettanto interessante e cinematografico come sequenze di azione appariscente.
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Fonte: Collider