Lontano da qui, premiato al Sundance con la Miglior Regia a Sara Colangelo e presentato al Toronto Film Festival, è un film drammatico con Maggie Gyllenhaal e Gael García Bernal.
Lontano da qui: sinossi
Lisa è un’insegnante in una scuola materna newyorkese, ma la sua vita è piuttosto piatta e monotona. Vive con il marito e i suoi tre figli, ormai adolescenti, che attraversano quella complicata fase della vita in cui s’ingaggia una lotta più o meno silenziosa con i genitori. Sono bravi ragazzi, ma che non coltivano con passione le loro capacità e i loro interessi. Lisa ha come unico momento creativo e tutto suo il corso serale di poesia e la sua vita cambierà nel momento in cui scoprirà il talento poetico nel piccolo Jimmy, uno dei bambini dell’asilo.
Lontano da qui: le nostre impressioni
Maggie Gyllenhaal interpreta un personaggio delicato e scomodo, quello di una donna adorabile, premurosa, ma priva di talento e frustrata da una vita familiare ormai appiattita. Si tratta di un personaggio in potenza, che vorrebbe spiccare il volo ma non ne ha i mezzi, un personaggio vagamente romantico, che avrebbe aspirazioni più alte, ma che si abbandona alla sua condizione esistenziale, che non è affatto deplorevole, ma nemmeno entusiasmante. Lisa critica una società di cui lei stessa è vittima, una società che non permette di lasciar spazio alla particolarità, all’eccezionalità, ma che schiaccia in una massa informe di individui privati di interesse e curiosità. La curiosità ce l’avrebbe, e molta, ma un po’ per l’ambiente infantile i cui lavora, un po’ per la presenza di un qualche conformismo vizioso in famiglia, non lotta per essa.
Il personaggio di Jimmy rappresenta la svolta nella sua quotidianità: è il talento inconsapevole, fuoriclasse, ingenuo, puro, che con un’immensa facilità raggiunge quello cui Lisa aspirerebbe con grande fatica, il talento che riesce a condensare in immagini e parole semplici concetti molto più complessi e di più ampio respiro. Lisa e Jimmy rappresentano due volti del talento: lei lo riconosce per esperienza, lui lo possiede con spontaneità. Il film dunque racconta il rapporto tra questi due individui, tra questi poli solitari accomunati dalla poesia, ma anche da un rapporto asimmetrico, quello tra una maestra adulta e un piccolo bambino d’asilo, che è all’origine dei problemi che insorgono nel film.
Da un film che è esso stesso poetico e molto più (pacatamente) avvincente di un film come Paterson, che aveva sempre al suo centro gravitazionale la poesia, emergono dei messaggi interessanti e positivi, ma anche dei punti di riflessione un po’ problematici. Il talento in una società come la nostra è raro ma anche fragile, esposto alle ventate di una società che asfalta l’eccezione, è doveroso valorizzarlo e proteggerlo, ma fino a che punto è lecito farlo? Fino a che punto è giusto scegliere per qualcun altro? La riflessione dolceamara che emerge da questo grazioso lavoro risulta difficilmente gestibile. Tutti vogliono essere diversi, ma esserlo è anche disturbante agli occhi degli altri (è quello che infatti osserva il marito di Lisa a proposito del talento del giovanissimo Jimmy) rispetto alla vita normale cui in realtà la maggior parte delle persone silenziosamente aspira. I figli di Lisa sono l’emblema di questa tendenza, ragazzi in gamba, che avevano dei talenti, che sono brillanti e capaci, ma che non coltivano quello che hanno, preferendo adagiarsi sulla via più semplice e più standard, quella del quieto vivere. La vita normale è dunque il valore da perseguire?
Con una regia delicata e che predilige le tinte azzurre e grigie, Lontano da qui è un film estremamente piacevole, drammatico ma non struggente, capace di attirare e gestire l’attenzione dello spettatore con piccoli accorgimenti stilistici e narrativi che rendono la visione estremamente apprezzabile, anche se non eccelsa.
Lontano da qui
valutazione globale - 7
7
Poetico, drammatico ma non struggente
Lontano da qui: giudizio in sintesi
Lontano da qui di Sara Colangelo è un brillante esempio di cinema indipendente che riesce a ritagliare, anche se timidamente, il suo spazio, distinguendosi da un film troppo di nicchia come Paterson (2016), ma anche da un film più da grande pubblico come The Gifted – Il dono del talento (2017). Con una regia curata e attenta e con la toccante interpretazione della bravissima Maggie Gyllenhaal, ci viene raccontato il rapporto tra una maestra d’asilo e un bambino, un rapporto asimmetrico di potere in cui la protagonista riconosce il rarissimo, precoce, inconsapevole talento poetico in una persona giovanissima. Dai suoi tentativi di valorizzare il giovane talento, ci rendiamo conto che la gestione della genialità, in questo caso per mano di persone terze, è ben più complicata di quanto una favola contemporanea vorrebbe insegnarci. Senza quel qualcuno che indichi un talento, quel talento rimane un’ombra sociale, una come tante, ma a chi spetta decidere? Un film tenero, un po’ triste, ma molto piacevole.
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