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Il palazzo del Viceré: la recensione del film di Gurinder Chadha

Il palazzo del Viceré è il film di Gurinder Chdha che racconta la fine del dominio britannico in India dopo trecento anni.

Il palazzo del Viceré: sinossi

India, 1947: Lord Mountbatten (Hugh Bonneville) viene spedito insieme a sua moglie Edwina (Gillian Anderson) a Nuova Delhi per sovrintendere alla transizione del paese dal governo britannico all’indipendenza. Prendendo posto nel suntuoso palazzo Governativo, conosciuto allora come il Palazzo del Viceré, Mountbatten rappresenta la speranza per una transizione pacifica del potere. Ma la fine di secoli di dominio coloniale in un paese diviso da profonde differenze religiose e culturali, non si rivela un’impresa facile. Lord Mountbatten scoprirà di essere una pedina ad un tavolo di macchinazioni più grandi di lui che lo costringeranno a firmare un accordo per una dolorosa suddivisione dell’India. La nascita del moderno Pakistan segna il declino del sogno di Gandhi, di un’India unita e laica.

Il palazzo del Viceré: le mie note personali

C’è qualcosa di piacevolmente manierato ne Il palazzo del Viceré. Quella lentezza garbata tipica delle produzioni “Made in UK”. Per le ricostruzioni e i riferimenti storici ricorda molto i film di Merchant Ivory (Camera con vista, Casa Howard, Quel che resta del giorno) sebbene la regia assomigli più alle produzioni televisive tipo Downton Abbey. Ci sono situazioni in cui la forma supera la sostanza spietata degli avvenimenti, in cui la compostezza è più importante delle passioni.

palazzo del viceréAl contrario, la vicenda romantica degli innamorati ostacolati dagli eventi sotrici, sebbene di bassissimo livello, è perfettamente in linea con le produzioni più melense di Bollyhood! Sicuramente un film ben fatto e ben recitato, nonstante il doppiaggio italiano scivola nei toni troppo teatrali per rendere giustizia alla pletora di accenti apprezzabili nella versione originale.

Molto brava Gillian Anderson, che crea una caratterizzazione calda e compassionevole della moglie di Mountbatten: la classica donna britannica che nel periodo bellico si mostra risoluta e coraggiosa. Belle le scene iniziali di opulenti coreografie alla Bollyhood. Le scenografie e i costumi sono stati presi dai filmati dell’epoca e dei cine-giornali risultando molto curati, come anche le pettinature sempre curate e impeccabili: così belle quanto poco realistiche.

Manca totalmente il caldo opprimente, i volti sudati e l’inevitabile disordine che caratterizza un Sub Continente di quasi 1 miliardo di persone. Sembra piuttosto la rappresentazione teatrale dell’India. Insomma, una marchetta ben confezionata…una regale supposta!

Il palazzo del viceré

valutazione globale - 4.5

4.5

troppo manierato e poco realistico

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Il palazzo del Viceré: curiosità

Il film prende il titolo dal palazzo di 340 camere progettato come residenza vice-regale di Edwin Lutyens e oggi abitato dal presidente indiano, costringendo la produzione ad utilizzare un altro palazzo – quasi ugualmente grande – a Jodhpur (Rajastan).

La vicenda dell’amore ostacolato tra un hindu e una musulmana, non è che il pretesto per dipingere il dramma consumato con la partizione dell’India e il conflitto civile tra Hindu, Sikh e Musulmani alla fine dell’oppressione britannica.

palazzo del viceréLa regista Gurinder Chadha, indiana naturalizzata inglese e i cui nonni vissero quegli eventi tumultuosi al confine con il Pakistan, rende omaggio all’indipendenza Indiana durante il suo 70° anniversario. Un tardo “mea culpa” per tutte le vittime che quella cruda spartizione provocò. Tardo anche qui giacché se ne fa cenno solo nel finale e nei titoli di coda. La ripartizione di 70 anni fa ha una risonanza simile all’Olocausto nella memoria delle due (infine tre: East Pakistan divenne il moderno Bangladesh) nazioni che ne uscirono. Si pensa che tra 1 e 2 milioni di persone siano morte; circa 15 milioni hanno lasciato le loro case per attraversare i nuovi confini.

Che il film non rappresenti fedelmente la storia della partizione si era capito fin dalla sua uscita e dalle non poche polemiche in patria all’interno delle comunità indo-britanniche. In un articolo comparso sul The Guardian la scrittrice pakistana Fathima Bhutto accusa il film della Chanda di essere “una pantomima della partizione”: troppo benevolo verso gli indiani e duro con i musulmani. Effettivamrente Jawaharlal Nehru (Tanveer Ghani) e Lord Mountbatten fanno mostra di doti oratorie da gentlemen, mentre gli indo-musulmani e il Capo della Lega Musulmana Muhammad Ali Jinnah (Denzil Smith) sono ritratti come delle vere canaglie irragionevoli.

Vero è che questo non è un documentario ma un film drammatico che nel fare l’occhiolino a Bollyhood, blandisce le responsabilità britanniche nella crisi Indo-Pakistana. Insomma un altro film su come la sofferenza degli oppressi “neri” rende più tristi i bianchi…

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