Distribuito negli Stati Uniti nell’Agosto 2017, dopo un lungo travaglio produttivo, arriva nelle sale italiane circa 15 mesi dopo Il castello di vetro, family drama di Destin Daniel Cretton. Il film è l’adattamento cinematografico dell’autobiografia della giornalista Jeannette Walls, interpretata da adulta dal Premio Oscar Brie Larson, un’attrice abituata ai drammi familiari, dopo l’eccelsa prova in Room. Ad interpretare i genitori di Jeannette, invece, sono Woody Harrelson e Naomi Watts.
Il castello di vetro: sinossi
Jeannette è una giornalista rosa a New York e sta per sposare David, agente finanziario dell’alta società. Jeannette, però, dovrà affrontare le vecchie ruggini del suo passato, legati alla sua famiglia, in particolare ai due genitori poco convenzionali, l’artista Rose Mary e il duro padre Rex. Jeanette, infatti, è cresciuta insieme ai tre fratelli senza una dimora fissa, senza un reale contatto con la realtà sociale, dietro le follie del burbero padre, dipendente dall’alcool, e da una madre poco materna. L’avvicinamento alla famiglia porterà Jeannette ad affrontare i suoi demoni e la sua identità.
Il castello di vetro: le nostre impressioni
È spesso difficile recensire film di tale genere. È difficile scorporare il possibile coinvolgimento emotivo dall’analisi critica del film. Al netto di possibili trasporti emotivi, però, è molto difficile vedere un buon prodotto nel film di Cretton. Sin dai primi minuti lo spettatore attento si ritrova in mondi e modalità già viste, già affrontate, già vissute e facilmente prevedibili.
Il film ricorda in alcuni aspetti Captain Fantastic con Viggo Mortensen, vincitore a Roma nel 2016. Il film con Mortensen, però, aveva evitato la strada della lacrima facile, puntando su ironia e dialoghi brillanti, per poi giungere solo nel finale con un efficace crescendo emotivo al cuore dello spettatore. Ne Il castello di vetro chi guarda comprende immediatamente il canovaccio che l’opera seguirà, quella del classico e retorico polpettone, da lacrima facile e “forzata”.
La storia risulta spesso irrisolta, confusa, ricca di falle, solo parzialmente coperte durante lo svolgimento del film. Se non fosse nei cinema, staremo qui a parlare di un prodotto confezionato per le feste da qualche emittente televisiva. Il film vuole raccontare la storia della Walls, la sua infanzia, il suo rapporto con la famiglia, in particolare quello con il padre e lo fa attraverso manierismi oramai datati, primi piani scarichi di pathos e dialoghi che sanno di diario scolastico, eccessivamente retorici e poco incisivi.
Il film, inoltre, si dimostra superficiale nell’articolare le varie relazioni all’interno del nucleo familiare. Getta le basi per costruire, ma subito dopo sembra perdersi e tirar su altre colonne per castelli incompiuti. A render ancor più mediocre ed impalpabile l’opera è il tocco impersonale del regista, che non dà spessore al racconto, e una fotografia molto patinata, statica, che non riesce ad imprimere carattere ad un’opera già annaspante.
Brie Larson, per quanto distante anni luce dalla struggente madre Joy di Room, riesce a convincere nel ruolo di Jeanette. Come in Room, riesce a regalare un dosato mix di forza e dolcezza, di rabbia e tenerezza. A deludere sono le altre due star, Naomi Watts e Woody Harrelson, così fastidiosi e manieristici nel calarsi nelle vesti dei due genitori da risultare quasi caricaturali.
Il castello di vetro
valutazione globale - 4
4
Lento, inutilmente retorico, un'occasione sprecata
Il castello di vetro: giudizio in sintesi
Il film risulta lento e monotono. Sin dai primi momenti tutto sa di già visto e di prevedibile. L’opera è affossata da una sceneggiatura che costruisce solo in superficie, senza scavare nelle profondità emotive della storia. L’operato del regista Cretton è mediocre e impalpabile e contribuisce, insieme a dialoghi banalmente retorici, a rendere il film dimenticabile. Salvo la prova discreta della Larson, le altre due star del film, Harrelson e Watts, regalano una prova al di sotto dei loro standard, esagerata e macchiettistica.
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