In un momento in cui l’industria cinematografica richiede a gran voce la presenza di figure femminili dalle forti personalità, non possiamo che apprezzare quanto fatto dalla regista italiana Laura Bispuri nel suo secondo lavoro, Figlia mia. Il film, unica pellicola italiana in concorso al Festival di Berlino, è un’opera forte costruita intorno a tre eccellenti protagoniste: Tina (Valeria Golino), madre amorevole, sua figlia Vittoria, una bambina timida dell’età di 10 anni e Angelica (Alba Rohrwacher), donna fragile e istintiva, la quale ha in comune con la piccola Vittoria più di quanto sua madre desidererebbe.
È estate quando Angelica (Alba Rohrwacher), donna fragile, sopra le righe e con il vizio dell’alcool, sta per essere sfrattata di casa.
Il suo piano è quello di muoversi dalla Sardegna verso l’Italia continentale, e per realizzarlo decide di rivolgersi a Tina (Valeria Golino), con l’intenzione di incontrare la sua bimba di 10 anni, Vittoria (Sara Casu). Tina, donna amorevole e religiosissima, si dimostra titubante, ma suo marito la persuade ad accettare. La solitaria Vittoria inizia così a conoscere meglio Angelica, la quale si rivela esserne la madre biologica. La stretta vicinanza tra Vittoria e Angelica preoccupa però molto Tina, che spera di allontanare Angelica da quella che ha cresciuto come sua figlia. Ma i suoi tentativi ripetuti di convincere Angelica a lasciare la Sardegna non vanno a buon fine. Le due donne iniziano così a contendersi l’affetto di Vittoria. Saprà la giovane bambina assumere quelle scelte che le due donne, che se ne dividono l’amore, sembrano non saper prendere?
Figlia mia: le nostre impressioni
Un colpo di scena apre fin dall’inizio Figlia mia: la madre biologica della piccola Vittoria non è l’amorevole Tina/Valeria Golino, ma la biondissima Vittoria/Alba Rohrwacher.
Lei che, incapace di prendersi cura anche di sé stessa, con una vita spesa tra un bicchiere di troppo e relazioni con uomini adescati nei bar, ha ceduto la figlia perché non disposta a rinunciare a un’esistenza in continua e frenetica tensione. È una maternità contesa ad animare il film di Laura Bispuri, alla sua seconda prova registica dopo Vergine giurata. E sono due bravissime e intense Valeria Golino e Alba Rohrwacher a muoversi nella storia, scoprendo e facendoci a loro vota scoprire la bellezza di un’isola come la Sardegna.
L’isola rappresenta infatti un elemento significativo all’interno del film. La calura estiva dei suoi paesaggi, molto diversa dall’immagine patinata della Costa Smeralda, costituisce una componente rilevante nello sviluppo della personalità delle protagoniste e nella maturazione delle loro relazioni. La Bispuri indaga con attenzione i colori delle dune di sabbia e dei rilievi collinari, il groviglio di arbusti che ne puntellano il paesaggio, insieme alle sue formazioni rocciose, immergendo la natura dentro una luce calda e catturando l’anima dell’isola in inquadrature evocative che si fissano nella mente dello spettatore.
Si tratta di un paesaggio in cui tutto concorre a far emergere, dietro una civilizzazione che sembra dissolversi, gli istinti più profondi del nostro essere umani, rivelando una forza evocativa che conferisce un valore aggiunto a una storia incentrata sulla potenza dell’essere madri. L’isola e allo stesso modo i personaggi del film sono caparbi e testardi, in lotta per rivendicare un proprio posto nel mondo. Per quando riguarda la performance delle protagoniste, la recitazione dei tre personaggi femminili di Figlia mia, in modo particolare quella della giovane Sara Casu, aiuta a eludere l’andamento di una storia che a tratti sembra troppo prevedibile nel suo evolversi. A valorizzare la bravura delle attrici concorre anche l’eccellente lavoro di ripresa condotto da Vladan Radovic, con scene di interi minuti girate con una camera a mano che si muove accanto alla Golino e alla Rohrwacher, restituendoci il turbinio di emozioni che ne attraversano i volti e che costituiscono l’essenza più profonda dell’intero film.
Figlia mia
Valutazione globale - 7
7
Figlia mia: un giudizio in sintesi
Nel suo senso più profondo Figlia mia è un film sulla maternità, su cosa significhi essere madre e su quali sentimenti animino il senso autentico di questo mandato.
Tina e Angelica non potrebbero essere più diverse, ma entrambe sanno amare a loro modo la piccola Vittoria così come entrambe sanno essere ugualmente egoiste e senza pietà. Essere madri, sembra suggerirci Laura Bispuri, è molto più complesso che scegliere se stare dalla parte del bene o del male. Si tratta di qualcosa che investe la nostra umanità, laddove essa si colora di molteplici sfaccettature, che rifuggono ogni classificazione manichea. Figlia mia tenta quindi di indagare il delicato equilibrio che tiene in bilico le protagoniste e lo fa in un modo in cui non è la ragione a farla da padrone, ma la forza dell’empatia.
A cura di Susanne Gottlieb
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