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Iron Fist: recensione della prima stagione del quarto Defender

Iron Fist si era presentato bene all’esordio, con la possibilità di costruire una serie che fosse, sicuramente di intrattenimento come le altre della famiglia Netflix/Marvel, ma con un po’ di differenze rispetto a quelli che ormai erano diventati cliché e con un po’ più azione della precedente e noiosa Luke Cage.

Certo, a far meglio di Luke Cage ci vuole pochissimo, però Iron Fist alla fine presenta luci ed ombre e, pur riuscendo nello scopo di dare allo spettatore un solido e scorrevole intrattenimento, scivola a livello di trama ogni tanto, a volte esagera e, sinceramente, l’interpretazione di Finn Jones non sempre è all’altezza dei Defenders che l’hanno preceduto, in particolar modo se pensiamo a Daredevil o Jessica Jones.

Iron Fist, una serie scorrevole che intrattiene

La parte buona di Iron Fist, come dicevamo, è quella che potremmo definire la meno impegnata: è sostanzialmente un buon action movie, con tanta azione e poca “riflessione”, con dei combattimenti il più delle volte ben fatti e ritmati e con la definizione di un gruppo di personaggi di supporto molto valido.

iron fistL’ottima costruzione delle scene d’azione è una caratteristica fondante di questo franchise Netflix/Marvel (oltre alle scazzottate in qualsiasi corridoio) e anche in Iron Fist la qualità da questo punto di vista non manca. Ho avuto la sensazione che, rispetto ad altre serie, le singole battaglie, o scazzottate che fossero, siano state più brevi, ma il bilancio finale ne beneficia, come facilità di visione.

A differenza delle serie precedenti, qui ci sono limiti più sfumati tra viallain e compagni d’avventura, nel senso che più volte i personaggi passano da un lato all’altro della barricata, mentre la storia cerca di confondere lo spettatore su chi sia amico o nemico, arrivando addirittura a provare a farci venire il dubbio se The Hand, o almeno una sua fazione, non siano poi così cattivi, anche se la svolta sulla cattiveria era abbastanza annunciata, ma apprezziamo lo sforzo.

iron fistTra i personaggi di contorno, oltre a Jessica Henwick, Colleen, la Figlia del Drago, spiccano particolarmente tutti i Meachum: da Harold a Ward, passando per Joy. Le loro dinamiche familiari, che rappresentano per gran parte dello show anche la famiglia allargata di Danny, sono un valore aggiunto, molto interessanti e ben costruite, interpretate inoltre da un ottimo trio d’attori, tra i quali, nonostante il più noto sia il patriarca  David Wenham, già interprete di Faramir nella trilogia del Signore degli Anelli tanti (troppi) anni fa, mi ha particolarmente impressionato Tom Pelphrey, nell’interpretazione di Ward, anche grazie ad un ruolo che gli consentiva di “giocare” molto sul personaggio.

Pure tra i personaggi de The Hand, cadiamo bene, perché, oltre al sempre immenso piacere nel vedere Madame Gao, anche Bakuto è stato costruito e interpretato molto bene. Chiaramente Claire Temple è sempre il nostro faro, ma questo è un altro discorso.

Le ombre di Iron Fist

E la prima arriva proprio restando sul discorso recitazione: Finn Jones non sempre sembra adatto a questo ruolo da protagonista, forse per la difficoltà di interpretare un personaggio nel quale le emozioni e i sentimenti sono così contrastati, ma a volte sembra esagerarli troppo, apparendo molte volte “forzato” e poco naturale. iron fistNon sto dicendo che abbia recitato male, è stato gradevole, ma ogni tanto è andato un po’ troppo sopra le righe e, visto che è il protagonista, questa cosa pesa.

L’altro grosso difetto è che, dopo i primi sei episodi molto compatti e ben costruiti, arrivano degli episodi che hanno delle smagliature a livello di sceneggiatura, con scene di cui non si capisce bene il pensiero che c’era alle spalle. Tutto parte dal viaggio in Cina, che porta i “buoni” alla super azienda produttiva de The Hand, che poi è poco di più di un magazzino di periferia di una qualsiasi città di provincia italiana, con un barbone fuori che parla inglese (what?) e con due guardie sfigate, oltre ad un “protettore” de The Hand che combatte ubriaco. Ho dovuto portare tanta pazienza in quelle sequenze.  iron fistMa anche un consiglio d’amministrazione che “licenzia” i proprietari della Rand lascia notevolmente perplessi.

Un po’ di buchi insomma che rovinano un po’ la visione della seconda parte, che pur mantiene una guardabilità e una scorrevolezza di ottimo livello, ma che a tratti lascia perplessi, con momenti di imbarazzo, [AVVISO di spoiler sul finale] come il fatto che Danny che ha affrontato qualunque cosa in 13 episodi si trovi a dover fare una lunga lotta finale con Harold che non ha nessuna abilità particolare, o come Joy che ascolta volentieri Davos che le propone di far fuori Danny (e non si capisce minimamente il motivo per cui lei dovrebbe volerlo). [FINE spoiler].

Iron Fist, un bilancio

In conclusione possiamo dire che lo show non è stato male, se lo si prende con leggerezza e si sorvola su alcune “particolarità”, ingarbugliato a volte, ma scorrevole, ha il pregio di risollevare l’interesse dopo il soporifero Luke Cage, ma ancora lontano dai fasti del primo Daredevil.

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Iron Fist - prima stagione

Valutazione globale

Ombre e luci

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About Andrea Sartor

Cresciuto a pane (ok, anche qualche merendina tipo girella o tegolino... you know what I mean... ) e telefilm stupidi degli anni 80 e 90, il mondo gli cambia con Milch, Weiner, Gilligan, Moffat, Sorkin, Simon e Winter. Ha pianto davanti agli uffici dell'HBO. Sogno nel cassetto: pilotare un Viper biposto con Kara Starbuck Thrace e uscire con Number Six (una a caso, naturalmente). Nutre un profondo rispetto per i ragazzi e le ragazze che lavorano duramente per preparare gli impagabili sottotitoli. Grazie ragazzi, siete splendidi

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