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Happy End

Happy End: la recensione dell’ultimo film di Michael Haneke

Michael Haneke torna con l’attesissimo Happy End. Impreziosito da un cast eccezionale, che conta sulle interpretazioni di Isabelle Huppert, Jean-Louis Trintignant e Mathieu Kassovitz, il film è stato presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes.

Happy end: la sinossi

I Laurent sono una ricca famiglia borghese che vive a Calais. L’anziano patriarca Georges, stanco persino della vita, ha ceduto la gestione dell’azienda familiare alla figlia Anne, che deve fronteggiare le conseguenze di un grave incidente occorso ad uno degli operai. Il fratello di lei, Thomas, è un medico stimato che deve dividersi tra la figlia di prime nozze, la sua seconda moglie e l’amante. Parallele ad una quotidianità che impone loro impegni, ruoli e funzioni, si sviluppano le vicende personali dei familiari, ciascuno con i propri corsi (e ricorsi) esistenziali.

Happy end: le nostre impressioni

Happy EndCome ogni Autore, Haneke ci immerge nel suo universo tematico e stilistico: una famiglia borghese; dei protagonisti glaciali; campi lunghi, piani-sequenza, totale assenza di musica. Tutti mezzi impiegati per evidenziare la cruda realtà quotidiana: il “marchio Haneke” è inconfondibile, merito anche della fotografia di Berger, impeccabile come sempre.

La pellicola si muove su un doppio binario: da un lato, una borghesia isolata nel proprio sfarzo; dall’altro, il mondo, che segue le sue logiche. Eppure la vicenda dell’incidente sul cantiere avrebbe potuto essere affrontata con maggior attenzione, per evidenziare ulteriori elementi sullo sfasamento tra i Laurent e il mondo esterno. Haneke ricorre ad un espediente narrativo reale per legare la sua storia alla Storia, ma l’impressione è che i due temi siano poco integrati tra loro.

Indubbiamente, il piano d’insieme funziona. Haneke ci mostra, con il consueto distacco, tutte le tensioni dei Laurent. Ottiene grandi interpretazioni da tutti gli attori. Straordinaria la Huppert, glaciale direttrice e figura cardine della famiglia. Ma eccezionali sono anche le prove di Trintignant e della piccola Fantine Harduin, l’alfa e l’omega dei Laurent. L’anziano e la ragazzina sono gli unici a mostrare una certa umanità, i soli con i quali è possibile una, seppur minima, immedesimazione.Happy End

Certo, restano pur sempre personaggi hanekiani, a tratti indecifrabili
ed inquietanti. A parte loro, il film tratteggia in maniera caricaturale gli altri personaggi, che somigliano più ad un club che ad una famiglia.

Infine, l’immancabile notazione sui media. Haneke ha sempre insistito sul nostro rapporto con lo schermo televisivo, ed adesso propone i social media. Ma in Happy End il tema è affrontato in modo un po’ forzato: difficile immaginare una ragazzina tanto insensibile di fronte a certe scene di morte.

Probabilmente la trama non concede molti spunti narrativi, ma il maestro austriaco ci ha abituati (forse troppo bene) ad opere più rigorose e, per certi versi, anche più complesse. Con risultati decisamente migliori.

Happy End

Valutazione globale - 6.5

6.5

Consueta forma hanekiana, ma con una sostanza poco incisiva

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Happy end: un giudizio in sintesi

Happy End segue le vicende della ricca famiglia dei Laurent: sotto l’apparente immobilismo e perbenismo, covano le tensioni, i segreti ed i disagi tipici della famiglia secondo Haneke. Il regista torna a raccontare le vicende della borghesia, con il consueto stile distaccato ed oggettivo. Ma stavolta il risultato è leggermente al di sotto delle aspettative. La caratterizzazione dei personaggi talvolta forzata, e una carente integrazione degli spunti narrativi, tolgono incisività ad un film che, comunque, rimane tecnicamente perfetto. E che, probabilmente, sconta l’unica colpa di venire dopo due opere del calibro de Il nastro bianco e Amour.

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About Vito Piazza

Tutto inizia con Jurassic Park, e il sogno di un bambino di voler "fare i film", senza sapere nemmeno cosa significasse. Col tempo la passione diventa patologica, colpa prevalentemente di Kubrick, Lynch, Haneke, Von Trier e decine di altri. E con la consapevolezza incrollabile che, come diceva il maestro: "Se può essere scritto, o pensato, può essere filmato".

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