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Bye Bye Germany: scheda e recensione del film di Sam Garbarski alla Berlinale

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DATA DI USCITA: N.D.

GENERE: Commedia
PAESE: Germania
REGIA: Sam Garbarski
CAST: Moritz Bleibtreu, Antje Traue, Mark Ivanir

SINOSSI:

Francoforte, 1946. La Seconda Guerra Mondiale è finalmente giunta al termine e il mercante ebreo David cerca di far partire un nuovo business con i suoi amici che, come lui, hanno scampato la morte per un soffio. Vuole far risorgere dalle ceneri la sua attività commerciale di biancheria, che prima mandava avanti con la sua famiglia, sterminata dall’olocausto.

Bye Bye Germany offre un ritratto veritiero della Germania all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, ridotta in macerie dai bombardamenti. I sopravvissuti dei campi di concentramento vengono ospitati in strutture provvisorie organizzate in centri di raccolta. Ma non c’è tempo da perdere, la fine non fa che sancire un nuovo inizio per il popolo ebraico e ognuno deve riorganizzare la propria esistenza per non subire troppo a lungo i postumi della guerra: David, il protagonista, è uno che ragiona così.

Bye Bye Germany: l’altro lato della tragedia

bye bye germanyIl tema dell’olocausto e della violenza del secondo conflitto mondiale, ricorrente nel cinema internazionale nonché alla Berlinale, è qui raccontato a posteriori. Inevitabilmente torna a farsi sentire, ma i personaggi di questo film vivono molto di più nell’ottica di costruirsi un nuovo futuro, nonostante si aggirino ancora in mezzo alle macerie dei palazzi rasi al suolo. Cosa manca ai tedeschi in questo momento? Una biancheria decente. E si dà il caso che l’attività del protagonista David fosse proprio nel campo tessile. Astutamente i nostri eroi riescono a vendersi bene, recandosi per esempio dalle famiglie tedesche delle vittime di guerra o altri potenziali clienti.

Nel frattempo David deve rendere conto presso l’ambasciata americana del suo cambio di nome, spiegando come mai nonostante lui sia ebreo risulti aver collaborato con le SS durante la guerra, sopravvivendo al triste destino cui sarebbe andato incontro nei campi di concentramento…

La forza salvifica dell’ironia

bye bye germanyAnche un tema delicato come questo, se trattato con il dovuto rispetto ed intelligenza, può essere raccontato attraverso il filtro dell’ironia: è proprio il caso di questo film. Ogni elemento del film sembra pensato in quest’ottica: le immagini molto definite, la mimica e l’aspetto dei personaggi, il tono della voce, le situazioni in cui si trovano e le battute che ne derivano. Sono delle sane risate liberatorie quelle che lancia il pubblico della sala piena del Friedrichstadt-Palast, nonostante l’acustica non sia delle migliori della Berlinale e qualche parola del film può sempre sfuggire.

L’ironia non è solo il filtro attraverso cui viene raccontata della storia di Bye Bye Germany, ma è anche parte integrante di quest’ultima. David infatti ha sfruttato la sua verve comica a suo favore per uscire vivo dalla violenza nazista, in diverse occasioni. Passando per il giullare narratore di barzellette riesce a salvarsi la vita ed attraverso il suo racconto veniamo a sapere come, ed anche questa narrazione in mise bye bye germanyen abyme non manca certo d’ironia, nonostante il punto della questione sia fondamentalmente tragico.

Si tratta dunque di un film con un sostrato estremamente serio e pieno di consapevolezza, ma capace di farci apprezzare i personaggi attraverso l’arma salvifica dell’ironia, senza la quale – sembra insegnarci la morale del film – l’uomo è perduto per sempre.

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Bye Bye Germany

Valutazione globale

Consapevole ed ironico

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