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Black Mirror 4: la recensione del quarto episodio, Hang the DJ

Il quarto episodio di Black Mirror, Hang the DJ, è una sintesi perfetta di questa quarta stagione, stilisticamente perfetta, con alcune idee e potenzialità, il tutto gestito malissimo, tanto da vanificare lo sforzo di costruzione dell’episodio e creare una polpa insignificante, molto più adatta al pubblico americano che a quello europeo.

Black Mirror 4, Hang the DJ: sinossi

black mirror hang the djIn una società dove la perfezione e l’ordine sono impressi in ogni dettaglio, anche la vita sentimentale è regolata dal Sistema, che decide esattamente chi le persone dovranno incontrare, quanto tempo ci dovranno passare insieme, addirittura cosa mangiano, e tutto allo scopo di arrivare al risultato supremo, l’accoppiamento perfetto, la felicità garantita al 98,88%

Black Mirror 4, Hang the DJ: le nostre impressioni

Come dicevamo in apertura, questo episodio di Black Mirror rende veramente l’idea della stagione; il mondo in cui ci immergiamo è basato su una perfezione e su un organizzazione maniacale. La stessa, meravigliosa, regia di Timothy Van Patten, uno dei registi star delle serie HBO (I Soprano, Boardwalk Empire, Game of Thrones, The Pacific), riesce a rendere questo scenario talmente perfetto da essere asfissiante, con questi colori così intensamente pastello, queste luci soffuse, queste inquadrature scolasticamente rigorose e tecnicamente perfette.

black mirror hang the djL’incedere della storia e la crescente consapevolezza di essere trascinati da un sistema che non offre vie d’uscita, messa in contrasto con la bellezza dell’ambiente circostante, stride e soffoca progressivamente lo spettatore, tanto quanto la presenza costante di questo muro di cui non si vede mai la fine, ma lo si vede solo in sfondo, ma che demarca un’assenza di speranza, in un mondo bellissimo.

E tutto viene ricondotto come metafora della vita, nella sua ciclicità e ripetitività, che porta le persone effettivamente a quel “perfect match” ma proprio perché abbattute dalla futulità della loro ricerca e speranzose di un punto dove potersi ancorare, uno qualsiasi.

black mirror hang the djLe prime crepe vengono alla luce con piccoli segnali, lanciati lì come sassi nello stagno (anche fuor di metafora), e sono i primi allarmi di quello che sta accadendo: in parole povere, si sta rovinando un episodio.

Il finale è qualcosa di incredibilmente insensato, autoassolutorio e, pur mantenendo un minimo di cinismo legato alle infinite reiterazioni della storia, indegnamente ottimistico, caratteristica per la quale non ci dovrebbe essere spazio in Black Mirror, se vuole continuare a essere quello che è.

Black Mirror, Hang the DJ

Valutazione globale - 5

5

come rovinare un episodio

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Black Mirror 4, Hang the DJ: un giudizio in sintesi

Il voto, basso, è la media di due fattori, un giudizio potenzialmente alto della quasi totalità dell’episodio, grazie all’ansia e alla frustrazioni trasmesse da una storia e da una regia di alto livello, che fanno percepire forte e chiaro il messaggio allo spettatore, e da un giudizio decisamente pessimo su un finale che non sta in piedi, non è coerente con tutto quello che abbiamo visto precedentemente e non ha un minimo significato. Fino a cinque minuti dalla fine poteva essere un episodio degno delle vecchie stagioni, dopo è diventato un episodio carino, ma completamente di un altro tipo di serie. Veramente un peccato.

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About Andrea Sartor

Cresciuto a pane (ok, anche qualche merendina tipo girella o tegolino... you know what I mean... ) e telefilm stupidi degli anni 80 e 90, il mondo gli cambia con Milch, Weiner, Gilligan, Moffat, Sorkin, Simon e Winter. Ha pianto davanti agli uffici dell'HBO. Sogno nel cassetto: pilotare un Viper biposto con Kara Starbuck Thrace e uscire con Number Six (una a caso, naturalmente). Nutre un profondo rispetto per i ragazzi e le ragazze che lavorano duramente per preparare gli impagabili sottotitoli. Grazie ragazzi, siete splendidi

6 comments

  1. Ciao! Ripensandoci non ci vedo tutto questo finale ottimista. Per 3/4 della storia tu pensi: guarda come i sentimenti veri vincono su quelli suggeriti dall’applicazione. Guarda come l’amore trionfa nonostante tutto. Nel finale per un attimo prendi fiato e sei felice che i due si incontrino. Poi, se ci ripensi, si comportano esattamente come quelli della simulazione dando più retta all’affinità che leggono sullo schermo del cellulare che a quella che si sentono dentro. Infatti lei arriva nel pub con la faccia annoiata e le torna il sorriso quando verifica esserci compatibilità al 99,8%.

    • Devo ammettere che questo è un punto interessante, sostanzialmente tu dici che la “finta libertà” conquistata nell’applicazione dai personaggi fittizi, si trasforma in una nuova schiavitù nel mondo reale dove quello che si cerca di superare nella fantasia poi viene accettato passivamente nella realtà. Ci può stare come rovesciamento della prospettiva e lo trovo interessante come riflessione, anche se mi da meno ansia rispetto a quello che sarebbe potuto essere questo episodio senza tutta la parte conclusiva. Prendendolo in questo modo, sicuramente l’episodio ha maggiore significato, e quindi il giudizio migliora, pur restando, secondo me, meno incisivo di quanto erano altri episodi nel passato

      • Esatto! Anzi paradossalmente erano più “veri” i personaggi fittizi che i due che si incontrano nel pub. Tu invece li volevi lasciare nel mondo delle simulazioni come se fosse vero?

        • Si, avrei trovato questa versione della società come estremamente disturbante, tutto perfetto, tutto pulito, tutto bellissimo, ma nessuna “umanità”, anche perché sono profondamente affascinato dalla contrapposizione distopica/filosofica tra ordine e libertà, o come la si potrebbe mettere tra filosofia occidentale e orientale, tra società e individuo

          • Si, ti seguo. Loro che si salutano, si abbracciano ma che, il giorno dopo, rispettano le indicazioni del “coach” e si fidanzano con chi gli è stato assegnato. Il controllo delle emozioni a fin di bene è un bel tema. Purtroppo questo tipo di film inizia bene (come Equilibrium) e poi si perde nell’americanata.

          • Si, vero, ma mi aspetto che Brooker sappia gestirlo 🙂

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